Dal mare l’energia del futuro
La nuova frontiera dell’energia rinnovabile, dopo il successo ottenuto con il vento, è il mare. Il problema però è capire come imbrigliare la sua forza e renderla utile all’uomo. Negli anni ‘60, soprattutto in Francia, si è tentato di sfruttare le maree delle coste bretoni e normanne, ma l’esperimento, nonostante gli investimenti faraonici, non ha avuto il successo sperato ed è stato interrotto. Ora, con il rapido avanzare delle tecnologie, si stanno sperimentando nuove soluzioni e, alcune di esse, sono sicuramente promettenti, come dimostrano quattro differenti progetti messi a punto in Portogallo, Francia, Italia e Inghilterra, che operano sulla superficie del mare o in profondità. Nel Golfo di Agucadoura, cinque chilometri al largo della costa portoghese, da qualche mese un “serpente marino” di colore rosso galleggia sulla superficie dell’acqua. Le sue prede, però, non sono i pesci dell’Atlantico, ma le onde che incessanti e cadenzate arrivano per infrangersi sulle rive. Pelamis (dal latino serpente di mare) è uno dei primi impianti in Europa che sfrutta le onde marine per generare energia elettrica.
Tecnologia scozzese
La tecnologia è scozzese, del gruppo Ocean Power Delivery, ed è stata scelta dal Governo portoghese perché l’oceano, in questo punto di costa, con le sue onde più adatte per gli amanti del surf che per nuotare, appare fatto apposta per sfruttare questo tipo di impianti. Per il momento, permette di illuminare 1.500 case sulla costa. La ricerca su questo tipo di energia, promossa dall’istituto superiore di tecnologia di Lisbona, dura da una ventina d’anni. L’investimento iniziale è stato di 8,2 milioni di euro, finanziato da Enersis, società portoghese controllata dalla spagnola Endesa, che a sua volta fa capo all’italiana Enel. Così come all’Enel stanno perfezionando un impianto, chiamato Kobold (nome che deriva da un folletto buono della mitologia nordeuropea), ideato dall’armatore Elio Matacena con la sua società Ponte di Archimede, che trasforma le correnti del mare in energia elettrica. La prima turbina di questo tipo si trova installata in via sperimentale nello Stretto di Messina (mentre al lavoro ce ne sono già in Indonesia, in Cina, in Australia) ed è in funzione da una decina di anni. Kobold ha l’aspetto di una piattaforma galleggiante di circa 10 metri di diametro ed è dotata di una turbina ad asse verticale con tre grandi pale immerse in acqua, che ruotano grazie alla forza generata dalle correnti e che producono energia da trasferire sulla terraferma. Mentre sulla piattaforma ci sono anche 39 pannelli solari che rendono Kobold un’icona dello sviluppo sostenibile in campo energetico. I francesi stanno sviluppando un progetto al largo delle coste atlantiche bretoni. La società Hydrohelix Energie ha collocato sul fondo dell’oceano un prototipo di turbina che sfrutterà le correnti marine. Il progetto, chiamato Sabella (un genere di anellidi), consiste nel fissare su una piattaforma di cemento a 20 metri di profondità, una sorta di grande “ventilatore”, le cui pale di tre metri ciascuna girano spinte dalle correnti e generano elettricità da trasferire sulla terraferma. L’obiettivo è di generare nel giro di qualche anno (grazie ad ulteriori investimenti in altri campi marini) il 5% del fabbisogno totale francese di elettricità. Le maree sono il principale “motore” anche del progetto britannico. La società SaGen ha infatti messo a punto una torre alta circa 41 metri e pesante mille tonnellate, ancorata al fondo del mare con due gigantesche eliche (16 metri di diametro) che sfrutteranno la marea per 20 ore al giorno, in modo da generare la corrente necessaria a rifornire un migliaio di case sulla costa. La torre si trova a Strangford Lough, in un fiordo nella parte Est della costa irlandese del Nord di fronte all’Inghilterra. Secondo gli esperti dei SanGen, se l’esperimento avrà successo (e nessuno lo dubita, dato che al contrario del vento, le maree sono previsibili) l’Inghilterra nel giro di pochi anni dovrebbe dotarsi di nuovi “campi marini” di turbine, tali da generare il 10% del fabbisogno energetico del paese.
Serpenti marini
Tornando al Portogallo, assicurare Pelamis in mezzo al mare non è stato semplice. Ci sono voluti mesi di lavoro in Scozia e un paio d’anni per assemblarlo. I serpenti marini sono tre, ciascuno del peso di 700 tonnellate e ciascuno formato da tre tronconi articolati, di 142 metri di lunghezza l’uno e 3,5 metri di diametro, collegati tra di loro dal modulo che serve per la generazione vera e propria dell’energia. I tre serpenti marini, collegati tra di loro dal modulo che serve per la generazione vera e propria dell’energia, distanti tra di loro 225 metri, sono assicurati in fondo al mare da cavi di acciaio ancorati a qualche decina di metri di profondità e occupano una superficie di circa un chilometro quadrato. Il vantaggio della tecnologia del Pelamis è che il serpente, beccheggiando sulla superficie del mare, sfrutta sia le onde laterali che quelle frontali. Nella sostanza le onde passano, attivano i generatori inseriti nel modulo centrale di Pelamis e l’energia cinetica si converte in energia elettrica che successivamente, un cavo sottomarino trasporta a una centrale sulla terraferma che si occupa di convogliarla e distribuirla nella rete. La installazione iniziale di Agucadoura avrà una potenza di 2,25 megawatt (700 chilowatt ogni tubo) e darà luce a 6000 persone. La tecnologia è sì consolidata, ma sul successo finale del progetto giocano diversi fattori, soprattutto la economicità dell’energia prodotta. Il costo di produzione è attualmente 3-4 volte superiore a quello dell’energia eolica. Anche se questa tecnologia, in questa fase sperimentale, richiede investimenti molto inferiori (all’incirca della metà) rispetto ai campi eolici di prima generazione.
Gli incentivi del Governo
Il governo portoghese sta incentivando con sconti sul prezzo l’uso di questo tipo di energia. L’obiettivo è arrivare a installare 500 megawatt, in modo che il mare offra nei prossimi 30 anni, tra il 20 e il 30% del totale dell’energia nazionale. La tecnologia Pelamis appare così promettente a livello mondiale, che si calcola che il “mercato delle onde” valga potenzialmente 385 miliardi di euro, il 10% del totale. Non a caso i principali gruppi energetici internazionali si stanno occupando di questa fonte alternativa e impianti-pilota stanno nascendo, oltre che in Portogallo, anche nel Nord Europa. Il Governo di Lisbona sta facendo decisamente rotta verso le energie rinnovabili. L’obiettivo è ambizioso: oltre alla riduzione del 30% del fabbisogno energetico nazionale entro il 2050, da mare dovrebbe arrivare anche un concreto aiuto per la riduzione dell’inquinamento. La riduzione delle emissioni di biossido di carbonio dovrebbe attestarsi intorno a 60mila tonnellate all’anno. Nonostante i costi, il gioco potrebbe valere la candela ed andare ad aumentare la quota del 39% dell’energia portoghese proveniente da fonti rinnovabili.