Lavoro

Smart working: cos’è, normativa, benefici e aspetti negativi

Lo smart working, detto anche lavoro agile, è un’invenzione relativamente recente. Questa modalità operativa consente di prestare servizio non recandosi in sede, quindi in ufficio o in studio. Lo smart worker svolgerà le sue mansioni da casa rimanendo comunque in contatto con i suoi superiori.

Chiaramente per poter fare ciò è necessario possedere nella propria abitazione i ferri del mestiere oltre che un PC efficiente ed una buona connessione internet.

Attenzione però: sebbene in molti tendano a sovrapporre i due concetti, lo smart working non è sinonimo di telelavoro. Quest’ultimo, praticato comunque da casa, ha un minore indice di flessibilità: orari, assetto organizzativo, criteri di produttività e così via non sono infatti diversi da quelli che si dovrebbero rispettare recandosi in sede. Il flexible working, il lavoro agile, prevede invece una più ampia possibilità di organizzazione autonoma.

Lo smart working ai tempi del coronavirus

Alcune categorie professionali sono per definizione abituate al concetto di lavoro da casa, altre sono state recentemente chiamate ad addentrarsi in questo mondo poco conosciuto.

A mettere tutto in discussione è stata l’emergenza sanitaria legata alla diffusione del coronavirus. Così lo smart working è stato inserirto di diritto per le persone con figli con meno di 14 anni nel Decreto Rilancio (a questa pagina https://www.inlavoro.it/decreto-rilancio-ecco-cosa-prevede-in-14-punti-scarica-il-pdf/ puoi scaricare il pdf ). Molti hanno così sperimentato per la prima volta smart e remote working.

La normativa sullo smart working

Lo smart working è regolato in Italia dalla Legge 22 maggio 2017 n. 81 https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2017/06/13/17G00096/sg. Tale normativa prevede che tanto il dipendente quanto il datore di lavoro collaborino alla realizzazione di un accordo scritto in cui vengano specificate informazioni relative ad esempio alla regolamentazione delle pause, alla possibilità di brevi disconnessioni dal PC e  all’organizzazione generica del lavoro (si tratterà di fasi progettuali? Di cicli di produzione? Del raggiungimento di obiettivi?). Non si prevedono in  tal senso vincoli di orario né, ovviamente, obblighi di recarsi in sede.

Chiaramente il dipendente dovrà essere in possesso di strumenti tecnologici ed operativi adeguati e verrà retribuito seguendo i criteri adottati per l’erogazione degli stipendi tradizionali.

L’azienda sarà inoltre tenuta a garantire ai suoi sottoposti il diritto all’apprendimento, alla salute ed alla sicurezza e quindi a tutelare l’impiegato in caso di occasionali infortuni oppure ancora di malattie.

I principi virtuosi dello smart working

Anche i profani avranno a questo punto capito che lo smart working è un concetto rivoluzionario. Il lavoro agile, infatti, agisce su più fronti migliorando l’organizzazione produttiva.

Gli spazi fisici necessari ad un’azienda, ad esempio, si ridurranno così sensibilmente, il lavoro di ogni dipendente verrà valutato in termini di risultati raggiunti e non di ore di presenza in sede ed i criteri contrattualistici adottati potranno diventare più flessibili rispetto al solito.

La persona al centro

In poche parole gli obiettivi nonché le esigenze individuali e professionali del dipendente collimeranno più facilmente con quelli dei datori di lavoro. La maggiore flessibilità connessa al concetto di smart working, contrariamente a quanto si potrebbe credere, si tradurrà inoltre in una maggiore produttività dei dipendenti, produttività che secondo recenti rilevazioni in questi casi cresce più o meno del 15%. Ma non è tutto.

Tale formula lavorativa consente di produrre da casa. Ciò significa indubbiamente risparmiare tempo e denaro, magari dormire un po’ di più riducendo sensibilmente il livello di stress e stanchezza accumulato nell’arco della giornata nonché di non preoccuparsi più del traffico, dei ritardi, del vestiario e così via.

Inoltre, se un buon numero di lavoratori potesse esercitare la sua professione da casa, le emissioni di CO2 si ridurrebbero considerevolmente. In sintesi la qualità di vita del dipendente, e di riflesso anche di chi gli sta intorno, migliorerebbe parecchio.

Benefici per le aziende

E cosa ci guadagnerebbero le aziende ed i datori di lavoro da tutto ciò? Beh, come abbiamo già visto innanzitutto un incremento della produttività dovuto in parte anche alla maggiore serenità mentale degli impiegati.

In secondo luogo sarebbe possibile rivedere le scelte compiute in passato in termini di spazi e gestione dell’ufficio. Se insomma in sede il personale risulterà sensibilmente ridotto sarà possibile affittare o acquistare dei locali di metratura inferiore, cosa di per sé utile a preservare una buona fetta dei fondi aziendali.

Inoltre avere direttamente a che fare con un minor numero di dipendenti significherà anche risparmiare sui costi legati all’illuminazione o, perché no, alla climatizzazione dell’ufficio e persino ridurre il budget destinato alla pulizia degli ambienti.

Aspetti negativi

Attenzione però: non è tutto oro quello che luccica. Chiaro è che, soprattutto inizialmente, ci si troverà costretti ad affrontare una fase di rodaggio. I dipendenti più socievoli finiranno magari per sentire la mancanza dei colleghi o comunque di generici contatti umani durante le ore lavorative.

Alcuni invece potrebbero cadere in balia delle tante distrazioni disseminate nell’ambiente domestico. Si tratterebbe chiaramente di una fase di transizione che, con un pizzico di buona volontà, potrà facilmente essere superata.

Altri infine potrebbero trovarsi costretti ad affrontare problemi tecnici (inadeguatezza del proprio PC, guasti alla linea internet, ecc.), problemi che ovviamente risolveranno grazie al supporto dell’azienda da cui dipendono.

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