Tra Termoli e Campomarino, il mare in Molise
Quella finestra naturale che si affaccia sull’Adriatico e non teme il Maestrale; quello sguardo che si lancia oltre il mare senza alcuna paura, incastonato tra punti di vista, sabbia e tramonti; quel profumo di infinito che si abbraccia con il sogno di mezza estate, magari tra un bacio ed un gelato. Questo è il Molise, quello che si tinge d’azzurro. Benvenuti! Siate gli ospiti più graditi sul lungomare che va da Termoli a Campomarino.
Con i suoi quasi 34mila abitanti, Termoli, è l’unico porto della Regione e sicuramente la cartolina più bella per tutti i viandanti sul mare. La città si mostra, così, affascinante, come una donna distesa al sole, bagnata da acque cristalline e protetta da quel promontorio, che la veglia giorno e notte, e sul quale giace, quasi cullato, l’antico e caratteristico borgo marinaro.
Quasi a fiera difesa, di tutta questa essenza molisana, quel cordone roccioso di pietre e sassi, che fa quasi da cornice a questa perla preziosa, custodita a sua volta, nell’atrio e nelle leggende del Castello.
Sicuramente tra i simboli che più hanno a cuore i locali, la fortificazione risalente all’XI secolo, che fu dimora di Federico II di Svevia, è dominata da una torre, perfettamente conservata nella sua pietra calcarea, che sovrasta l’orizzonte ed è vedetta sempre attenta, aldilà del mare ed all’interno della cinta muraria, precisamente all’ingresso del Borgo Antico.
Perdendosi tra i vicoletti strettissimi ed acciottolati, per poi ritrovarsi dinanzi alla maestosa e “bianca” Cattedrale, è un’esperienza a metà tra il mistico e lo spirituale. La sacralità del luogo, dedicato ai Santi Patroni Basso e Timoteo, è tangibile, a pelle ed arriva dritta, come una freccia appena scoccata, fino in fondo all’anima. Si rivolgono nuovamente gli occhi verso il mare, che è padre amorevole con i suoi doni di pesca: anello fondamentale dell’economia cittadina e base sostanziale di molti piatti della gastronomia termolese, come u’ bredette o i pulepe ‘mbregatorie.
Ai piedi della Valle del Biferno, invece, sorge la cittadina di Campomarino.
Comune con quasi 8mila abitanti, è uno tra quelli molisani appartenenti alla tradizione arbëreshë, ovvero i cosiddetti “albanesi italiani”, fuggiti dalla dominazione ottomana, giunti sulle coste dell’Adriatico per fondare poi intere comunità. È un graziosissimo borgo, scrigno aperto a tutti di rara bellezza e natura incontaminata.
È un salto nel passato, in una cultura non troppo distante da quella italiana, proprio lì ad un tuffo. Passeggiare tra le piazze e le stradine del piccolo centro storico, è un viaggio nel tempo, quasi ristretto, che avvicina il pensiero aldilà della costa, come a lambirla, come a sfiorare, quasi fosse una carezza. Këmarini,
Campomarino in lingua arbëreshë, da sempre tutelata e valorizzata con iniziative, incontri e dalla presenza in loco di appositi uffici territoriali, è figlia del vento, che fischia forte e che fa a pugni con i silenzi di rito degli anziani del posto, seduti sull’uscio di casa propria con il volto segnato dalle rughe e dalla storia: quella vera e sanguigna.
Risalendo, poi, a pieni polmoni fino in cima al promontorio, è possibile scorgere la Puglia ed ammirare anche la nuova Campomarino, stessa città, ma dalle origini differenti, Lì, infatti, non si parla il “dialetto” albanese. “Divisione interna”, quindi, ma stesso futuro davanti, con il porticciolo turistico e molte strutture ricettive di alto livello, pronte a coccolare, chiunque voglia restare un po’ in Molise e godersi questa terra dalle mille sfaccettature ed ancora tutta da scoprire.